Desiderare Altri

La verità che spaventa può liberarci davvero

RELAZIONE DI COPPIA

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Il desiderio verso altre persone è fisiologico, inevitabile, umano.

Non c'è partner al mondo immune da questo. Eppure continuiamo a comportarci come se fosse un tabù, un tradimento del pensiero, un oltraggio imperdonabile al nostro ego e alla sacralità della relazione.
Guardiamo qualcuno per strada e ci sentiamo in colpa. Notiamo l'attrattiva di un collega e ci vergogniamo. Fantastichiamo e poi ci flagelliamo mentalmente, convinti di aver tradito, anche solo nel pensiero, la persona che amiamo.
E quando scopriamo – o sospettiamo – che il nostro partner prova desiderio per qualcun altro? Il mondo crolla. Come se quel desiderio annullasse automaticamente tutto l'amore, tutta la scelta, tutto il legame che ci unisce.

Ma c'è qualcosa di profondamente sbagliato in tutto questo. E negare questa realtà è quello che davvero minaccia la relazione.

Il fondamentalismo emotivo

Pretendendo che il partner non desideri altro che noi, mentiamo a noi stessi e obblighiamo il partner a fare lo stesso, innalzando un muro fatto di non-detti, di sensi di colpa, di verità nascoste.
Stiamo rifuggendo la realtà e trasformando l'amore in una forma di fondamentalismo emotivo, miope e illusorio.

Cos'è il fondamentalismo emotivo? È quella rigidità che non ammette sfumature, che vede tutto in bianco e nero, che pretende purezza assoluta dei pensieri e dei sentimenti. È l'idea che "se mi ami davvero, non puoi nemmeno guardare un'altra persona". È la convinzione che il desiderio sia a somma zero: se ne provi per qualcun altro, significa che ne provi meno per me.

Ma i sentimenti umani non funzionano così. Il desiderio non è un serbatoio fisso che si svuota quando lo indirizzi altrove. È qualcosa di più fluido, più complesso, più misterioso.
Posso provare attrazione per qualcuno che incontro a una festa e continuare ad amare profondamente il mio partner. Posso notare la bellezza di un'altra persona e tornare a casa desiderando ancora di più chi ho scelto. Posso fantasticare e poi scegliere, consapevolmente, di non agire su quella fantasia.

Non è sano bramare il monopolio mentale sul desiderio dell'altro.
È un pensiero tossico, malato, che attinge a quella cultura del possesso che dovremmo combattere. È la stessa cultura che dice "sei mio/mia", che vede l'altro come proprietà esclusiva, che confonde l'amore con il controllo totale – non solo dei comportamenti, ma anche dei pensieri, dei desideri, delle fantasie.
Come se avessimo diritto di colonizzare completamente il mondo interiore dell'altra persona.

La scelta autentica

Ciò a cui dovremmo puntare è essere la scelta autentica del partner, quella che rinnova ogni giorno con sincerità e lealtà ai nostri patti.
Non l'unica opzione possibile. Non l'unica persona esistente al mondo. Ma la scelta preferita, consapevole, ripetuta.
C'è una differenza enorme tra "sei con me perché non hai altre opzioni" e "sei con me perché, tra tutte le possibilità che esistono, continui a scegliere me".

La prima è prigionia mascherata da fedeltà. La seconda è libertà che si trasforma in impegno.
Quando il mio partner è con me non perché ha cancellato dalla sua percezione l'esistenza di ogni altra persona attraente al mondo, ma perché – pur vedendole, pur notandole, pur provando magari anche un'attrazione momentanea – sceglie comunque me, quella scelta ha un peso. Ha valore. Ha significato.

È una scelta vera. Non un default, non un'inerzia, non una rassegnazione. Una scelta attiva, consapevole, ripetuta.

Desiderio e azione: il confine della libertà

Ammettere di desiderare altri non significa automaticamente andare con altre persone.

Questa è la paura che ci paralizza. Pensiamo che se ammettiamo l'esistenza del desiderio, se permettiamo a noi stessi o al partner di riconoscerlo, immediatamente si trasformerà in azione. Come se fossimo bestie prive di autocontrollo, incapaci di contenere un impulso.

Ma significa semplicemente riconoscere che esistiamo in un universo di possibilità, che proviamo attrazioni fisiche e mentali naturali verso chi ci circonda. Che siamo esseri umani complessi, non robot programmati per rispondere a un'unica frequenza.
La differenza tra desiderio e azione è l'essenza della libertà di scelta.
Gli animali agiscono d'istinto. Vedono, desiderano, agiscono. Senza filtro, senza scelta, senza deliberazione. Ma noi esseri umani abbiamo qualcosa di diverso: abbiamo la capacità di sentire un desiderio e poi decidere cosa farne.

Posso desiderare qualcosa e non agire su quel desiderio. Posso provare attrazione e scegliere di non seguirla. Posso fantasticare e decidere che quella fantasia rimanga tale. Non perché mi reprimo con sforzo titanico, ma perché ho valori, priorità, impegni che contano di più.
Questa è la vera fedeltà. Non l'assenza di desiderio, ma la presenza di scelta.

Le gabbie dorate

Quando non possiamo parlare dei nostri desideri, quando dobbiamo nasconderli, reprimerli, fingere che non esistano, creiamo una gabbia.
E dalle gabbie, per quanto dorate, sentiamo sempre il bisogno di evadere.

La repressione genera tensione. Quella sensazione costante di dover sorvegliare i propri pensieri, censurare le proprie reazioni, controllare lo sguardo. È estenuante. È alienante. Crea una distanza invisibile ma palpabile tra chi siamo davvero e chi fingiamo di essere.

Il silenzio genera distanza. Quando c'è un'intera area della nostra esperienza interiore che non possiamo condividere, che dobbiamo tenere nascosta, creiamo zone d'ombra nella relazione. Piccoli segreti che si accumulano. Verità non dette che costruiscono muri sottili ma solidi.

La negazione genera esplosioni. Quello che viene represso non scompare – si accumula sotto la superficie. E prima o poi trova una via d'uscita. A volte attraverso il tradimento fisico. A volte attraverso l'allontanamento emotivo. A volte attraverso l'esplosione della relazione stessa.

Perché la negazione della realtà non è sostenibile a lungo termine. Prima o poi la pressione diventa insopportabile.

L'amore abbastanza grande per la verità

Immaginate invece una relazione dove possiamo ammettere, insieme, l'esistenza di questo mondo esterno.

Dove possiamo parlare dei nostri bisogni, delle nostre attrazioni, dei nostri desideri con trasparenza e delicatezza. Non per ferire, non per minacciare, non per creare insicurezza – ma per essere visti nella nostra interezza.
"Ho notato quella persona e l'ho trovata attraente." Non come provocazione, ma come condivisione di un'esperienza umana. Come diresti "oggi ho avuto una giornata difficile" o "mi sono sentito insicuro in quella situazione".

Non è una minaccia all'amore. È l'amore che si fa abbastanza grande e maturo da contenere la verità.

È l'amore che dice: "Ti vedo per quello che sei – un essere umano completo, con desideri, attrazioni, fantasie – e ti scelgo comunque. Non la versione filtrata di te, non il personaggio che reciti per tranquillizzare le mie insicurezze, ma te, nella tua umanità piena e complicata."

Questo richiede una maturità emotiva rara. Richiede sicurezza in se stessi. Richiede di aver fatto pace con le proprie paure di abbandono, con la propria gelosia, con il proprio bisogno di controllo.

Ma è anche l'unico tipo di amore che può davvero sostenerci, nutrirci, farci sentire liberi invece che intrappolati.

Monogamia consapevole vs monogamia imposta

Alcune coppie scelgono di esplorare insieme questo mondo di possibilità. Aprono la relazione in vari modi – fisicamente, emotivamente, con regole e confini negoziati. Non perché la relazione sia in crisi, ma perché riconoscono che il desiderio può essere vissuto diversamente.

Altre coppie optano per la monogamia anche fisica, ma con piena consapevolezza di quello che stanno scegliendo. Riconoscono l'esistenza del desiderio verso altri, ne parlano apertamente, e poi decidono insieme: "Sì, proviamo queste cose, ma scegliamo di non agire su di esse. Questo è il nostro patto, consapevole e condiviso."

Il punto non è quale strada prendere. Il punto è che sia una scelta cosciente e condivisa, non una prigione inconscia.

C'è un abisso tra:

  • "Sono monogamo perché ho paura che se non lo fossi mi lascerebbero"

  • "Sono monogamo perché abbiamo parlato apertamente di desideri e possibilità, e questa è la scelta che risuona per entrambi"

La prima è controllo attraverso la paura. La seconda è impegno attraverso la libertà.

La prima crea risentimento. La seconda crea solidità.

Il paradosso della libertà

Quando possiamo essere completamente onesti sui nostri desideri, quando ci sentiamo accolti nella nostra umanità completa, accade qualcosa di magico: ci sentiamo più liberi di scegliere il nostro partner.
Questo è il paradosso che le persone gelose non capiscono: la gabbia genera fuga, la libertà genera ritorno.

Quando mi sento intrappolato, quando sento che non ho scelta, quando mi viene imposta una monogamia basata sul controllo e sulla paura, una parte di me vuole sempre evadere. Non necessariamente attraverso il tradimento fisico, ma attraverso fantasie di fuga, attraverso risentimento, attraverso il desiderio di "vedere cosa c'è là fuori".

Ma quando mi sento libero? Quando so che potrei andare, che nessuno mi tiene in catene, che la mia presenza qui è una scelta quotidiana? Improvvisamente, quella scelta diventa più facile. Più naturale. Più autentica.

Perché non sto più lottando contro restrizioni esterne. Sto semplicemente scegliendo dove voglio essere.

L'unificazione attraverso la verità

Una comunicazione genuina, condivisa, sincera sui nostri desideri non divide la coppia. La unifica.

Ci fa sentire parte di qualcosa di più grande: un amore abbastanza coraggioso da guardare in faccia la realtà. Un amore che non ha bisogno di illusioni, di finzioni, di menzogne per sopravvivere.
Quando posso dire al mio partner "ho provato attrazione per quella persona" e lui/lei può rispondere non con gelosia furiosa ma con curiosità, con comprensione, magari anche con un "anch'io l'ho notato/a", qualcosa cambia.

La relazione diventa uno spazio sicuro per essere umani. Per essere complessi. Per essere onesti.
E quella sicurezza, quella libertà di essere visti completamente, crea un legame molto più forte di qualsiasi catena, di qualsiasi controllo, di qualsiasi repressione.

Perché quando so che posso dirti tutto – anche le cose che potrebbero spaventarti, anche le verità scomode – e tu non scappi, non mi giudichi, non mi punisci, ma rimani presente e aperto, allora so di aver trovato qualcosa di raro. Qualcosa di prezioso.

Qualcuno con cui posso davvero costruire una vita.

Conclusione: la verità che libera

Un amore che non ha paura della verità perché sa che la verità, alla fine, è quello che ci rende davvero liberi.

Non liberi di fare tutto ciò che vogliamo senza conseguenze. Ma liberi di essere noi stessi, completamente. Liberi dal peso della finzione. Liberi dalla prigione della repressione. Liberi dalla paura costante di essere scoperti per quello che realmente siamo.

Il desiderio verso altre persone esiste. Continuerà ad esistere. Possiamo fingere che non sia così, costruendo relazioni su fondamenta fragili di menzogne reciproche. Possiamo terrorizzarci a vicenda con gelosie e controlli, trasformando l'amore in sorveglianza.
Oppure possiamo avere il coraggio di guardarlo in faccia. Di nominarlo. Di parlarne. Di decidere insieme cosa farne.
Possiamo scegliere l'amore abbastanza grande da contenere la verità. L'amore che non crolla di fronte alla nostra umanità, ma la abbraccia.

E quello, quello è l'unico amore che vale la pena vivere. Quello che non ha paura di chi sei davvero. Quello che ti sceglie non nonostante la tua complessità, ma proprio per essa.

Perché alla fine, la domanda non è "come posso eliminare ogni desiderio verso altre persone?" – quello è impossibile e innaturale.
La domanda è: "Come posso costruire una relazione abbastanza forte, abbastanza onesta, abbastanza libera da permettere la verità?"

E quando trovi quella relazione, quando costruisci quello spazio, allora sì – allora sei davvero libero. E paradossalmente, è proprio quella libertà che ti fa scegliere di restare.